Lettera di una mamma lavoratrice

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Gentili Rappresentanti del Governo,

chi scrive è un mamma quarantenne, impiegata d’azienda, con una grande passione per il giornalismo. Vi racconto la mia storia che, forse, anzi quasi sicuramente, non catalizzerà la vostra attenzione ma rappresenterà un modo per esprimere liberamente il mio pensiero. Per scelta, mia figlia non ha frequentato l’ultimo anno di asilo. Le ho sottratto nove mesi di vita, di relazioni, di esperienze per evitare che i miei genitori ultra sessantenni potessero essere contagiati dal virus. Sono loro a prendersi cura di lei ogni giorno, mentre io sono a lavoro. Potevo permetterlo lo scorso anno poiché l’asilo non è scuola dell’obbligo. Nonostante ciò, poiché lavoriamo per vivere e per dare un presente ed un futuro dignitoso ai nostri figli, mio marito e tutta la sua famiglia hanno contratto il virus. Abbiamo vissuto la terapia intensiva, ho capito cosa significa tracheotomizzare un paziente ed ho sentito sulla mia pelle il timore di non poter salutare mia suocera per l’ultima volta. Ma questi sono dettagli. Una volta usciti dall’incubo abbiamo cercato, a fatica, di riconquistare un equilibrio ed una normalità non facili da ritrovare nel quotidiano. Il mare, il sole ed il clima del nostro territorio hanno contribuito ad alleviare quel senso di vuoto che il COVID lascia tra crepe del cuore non solo di chi lo ha sfidato vis a vis ma anche di chi come me, pur rimanendo nel privilegiato gruppo dei “negativi”, ha assistito al crollo psicologico di un’intera famiglia. Ma anche questi sono dettagli.


È arrivato Settembre, un mese carico di speranze. Prima tra tutte il rientro a scuola. “Mia figlia non è scolarizzata, dovrà recuperare l’anno di asilo perso” pensavo tra me e me, eppure la gioia di incontrare dei nuovi amici e di iniziare un nuovo percorso la rendeva euforica. Ed io mi inebriavo della sua euforia così innocente, così contagiosa. Ogni mese era una conquista, per lei che imparava a stare con i suoi coetanei, che riempiva il quaderno di letterine e numeri e per noi genitori spettatori increduli, felici ma sempre un po’ timorosi. Il virus non ha mai smesso di girarci intorno e dopo un periodo di tregua, ha sfondato il muro di apparente serenità e come una biscia velenosa ha ripreso a strisciare tra noi. Ho compreso che qualcosa non stesse andando nella giusta direzione quando la recita scolastica ed i canti natalizi sono stati ripresi dal un telefonino ed inoltrati a noi genitori. Un video per augurare a tutti buon Natale. Nel frattempo abbiamo banchettato, ci siamo riuniti, abbiamo viaggiato e ci siamo contagiati nuovamente. “Che imbecilli” starete pensando ed io sono d’accordo con voi. Così come concordo sul fatto che in queste ore si stia decidendo se consentire ai nostri bimbi di tornare tra i banchi di scuola. I contagi aumentano ma nessuno può permettersi il lusso di fermarsi. Si valuta la DAD (inconcepibile a mio avviso per bambini dai 6 ai 9 anni ) eppure mi chiedo se si stia valutando anche un sussidio o un aiuto per le mamme lavoratrici. Per seguire i nostri figli in DAD dobbiamo richiedere un part-time, lo smart working o il congedo parentale, soluzioni che le aziende obbligatoriamente devono concedere ma che non sempre sono semplici da concordare o da digerire. Ricordiamo al tempo stesso che noi donne siamo indispensabili per lo sviluppo dell’economia. Nella maggior parte delle aziende il personale è composto da donne. Pertanto non chiedo di spegnere le luci di Natale e di riaccenderle nei corridoi delle scuole. Non chiedo di chiudere i parchi e di impedire alle palestre di rinnovare le iscrizioni. Queste sono sterili polemiche che lasciano il tempo che trovano, poiché il virus è ovunque e non bussa prima di entrare. Chiedo solo di ragionare su come procedere per consentire a noi donne, mogli, madri e lavoratrici di trovare una quadra tra la paura di perdere il lavoro, il desiderio di seguire questi bambini e la volontà di vaccinarli in totale sicurezza.


Ricordate che oltre ogni ragionamento giusto o sbagliato, siamo noi la cabina di regia dei nostri figli e siamo noi responsabili della loro crescita. Che Dio ce la mandi buona!

Buon lavoro

Rossella

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